SANTUARIO DI S. MARIA INCORONATA E S. MICHELE ARCANGELO
CORONATA (Cornigliano Ligure)

Sulle tracce degli affreschi perduti dell’abside di Nostra Signora Incoronata        (Di Lorenzo Bisio storico dell’arte)

Molto si è scritto e raccontato del santuario di Nostra Signora Incoronata, quest’amatissima e popolare chiesa del vicariato di Cornigliano non cessa mai di stupire e offre ancora molti spunti di studio e riflessione. Le sue origini come luogo di culto sono molto antiche, tant’è vero che la tradizione locale fa risalire la prima fondazione al VIII secolo. A buon diritto si può dire che questa chiesa sia una delle più preziose testimonianze della storia di Cornigliano, orgoglio e vanto di questa parte del Municipio VI Medio Ponente.

La crescente devozione e importanza che ebbe il santuario attraverso i secoli permise un progressivo ampliamento, diverse campagne decorative, la frequentazione da parte di personaggi di rilievo e le riedificazioni a seguito degli eventi bellici nei quali è stato coinvolto.               Ciò avvenne una prima volta nel 1747 nel corso dell’Assedio di Genova, e in seguito durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, durante il quale andarono purtroppo perdute molte opere d’arte presenti al suo interno. Le forme attuali dell’edificio si rifanno a quelle romanico-rinascimentali di fine Quattrocento recuperate dal restauro conclusosi nel 1955.

Oggi voglio concentrarmi in particolar modo sulle notizie inerenti ad alcuni affreschi, perduti, che dovevano ornare l’antica zona absidale; il fatto che non rimanga traccia di questi dipinti, se non quella documentaria, è dovuta non ai traumatici eventi bellici, bensì ai sovra citati ampliamenti e aggiornamenti di gusto che subì il santuario a partire dalla fine del Quattrocento. La documentazione inerente a questi affreschi è stata scoperta in data relativamente recente (1997) dal prof. Enrico Basso e studiata dalla prof.ssa Maurizia Migliorini e dal prof. Alfonso Assini. Un atto datato 14 maggio 1386, redatto dal notaio Antonio Foglietta, riporta che il sacerdote Luchino de Suvero della chiesa di Santa Maria di Coronata commissionò al pittore Nicolò da Voltri un affresco da realizzare nell’abside.

Nella sua parte inferiore, sopra l’altar maggiore, dovevano essere rappresentati su fondo azzurro “de Alemania” (ndr. pigmento ricavato dall’azzurrite) ventiquattro figure di santi con le aureole in foglia d’oro, mentre nel catino absidale, dovevano essere raffigurati i Quattro Evangelisti con stelle di stagno dorato applicate sul fondo azzurro; decorazione che doveva proseguire anche nell’estradosso dell’arco absidale. Per la realizzazione dell’opera furono concordati ventotto fiorini d’oro, con un anticipo di dieci fiorini e il saldo al completamento dell’opera, da terminare nel luglio dello stesso anno.

Una simile commissione, molto importante e impegnativa, doveva essere realizzata con materiali costosi e pregiati, ragion per cui non poteva essere affidata ad un pittore qualsiasi considerando anche il fatto che il santuario si trovava in una posizione importante dominando la direttrice che unisce la costa con l’Oltregiogo lungo il torrente Polcevera.  Dall’atto si può inoltre dedurre che per l’esecuzione di una simile commissione occorresse affidarsi ad un artista di provata esperienza e maestria come Nicolò da Voltri che progettò, secondo i voleri della committenza, un’articolata e preziosa decorazione.

Queste notizie rappresentano l’unica testimonianza delle opere ad affresco dell’artista; un affresco che si può supporre, per l’ampio respiro della sua concezione, essere un’opera della prima maturità.  Sulla vita e le opere di Nicolò da Voltri, abbiamo documentazione della sua attività dal 1386 al 1417 spesso in relazione a commissioni di opere (alcune perdute) e alle firme sui dipinti.

Nativo del borgo di Voltri, si firma infatti “NICOLAVS D. VVLTURO” e risulta avere bottega nelle vicinanze del palazzo arcivescovile di Genova, zona prestigiosa e sede di altre botteghe di pittori del tempo. Ci sono giunte alcune sue opere presenti tutt’ora sul territorio ligure, la più nota è la Madonna con Bambino conservata presso la chiesa di San Donato a Genova.

Altri dipinti col medesimo soggetto sono presenti a San Teodoro a Genova, a Finalpia presso la chiesa di Santa Maria, a Sanremo presso Nostra Signora della Costa e a Borghetto Vara in Nostra Signora di Roverano.

Alcune opere invece si trovano in collezioni private o musealizzate (Museo di Sant’Agostino e Museo dell’Accademia Ligustica a Genova, Museo Diocesano di Albenga e Musei Vaticani). Una tavola raffigurante San Giorgio e il Drago si trova poi nella chiesa di Santa Maria di Gesù a Termini Imerese (Palermo), commissionata da un mercante genovese nel 1402.

Un particolare importante sulla vita e la figura di Nicolò da Voltri ci deriva dall’Alizeri, il quale riporta che nel 1415 l’artista partecipò all’assemblea dell’arte dei pittori che doveva formulare alcune norme per l’elezione dei consoli. Dall’elenco dei partecipanti risultavano solamente tre pittorilocali (Nicolò da Voltri, Raffaele Bonaventura e Giovanni da Nervi) e diversi altri (19) provenienti dalla Toscana, dalla Lombardia, dall’Umbria e dall’Emilia.

Il contatto diretto e l’influenza che ebbero su Nicolò illustri pittori come Barnaba da Modena e Taddeo di Bartolo (durante la sua formazione), non sminuiscono la sua importanza, poiché comunque egli rappresenta la capacità di un pittore locale di mutuare con successo influenze esterne riuscendo in un suo percorso personale che servì anche ad orientare altri artisti del secolo successivo.

 

Menu